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MessaggioInviato: 01/07/2015, 16:30 
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Iscritto il: 17/02/2011, 13:43
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Località: Alessandria
Solvay killer anche in aula giudiziaria.
In questi processi industriali sono in gioco interessi enormi, basti pensare alle centinaia di milioni dei costi di bonifica del disastro ambientale di Spinetta Marengo in caso di sentenza di colpevolezza, dunque tutti i mezzi sono ammessi per la difesa, senza scrupoli.
Tra questi ci sta, ad opera della Solvay, la denuncia del Pubblico Ministero al Consiglio superiore della Magistratura.
Obbiettivo immediato dell’annuncio in aula della Corte di Assise di Alessandria è aggredire i giudici popolari con una cannonata: Solvay denuncia che il PM Riccardo Ghio ha concorso ad un complotto contro la multinazionale belga, ha falsificato gli atti del processo, ha commesso un serie gravissima di reati al fine della “concussione ambientale”, cioè estorsione di soldi.
Più la spari grossa e più fai impressione, se poi aspetti a sparare all’ultima udienza il botto che ti proponi è il massimo. Il teorema dell’avvocato “best” Luca Santamaria è fantasioso [vedi riquadro] ma è talmente pesante da diventare subdolo, teso a indurre il dubbio fra i giurati, e il dubbio serve quando il confine è “al di là di ogni ragionevole dubbio”.Non dovrebbero però avere dubbi i giudici dopo aver seguito decine di udienze per anni, non dovrebbero lasciarsi abbacinare dal pirotecnico teorema.
L’annuncio è probabilmente un bluff, petardo più che una bomba, non è così scontato che partirà la denuncia, soprattutto in caso di condanna in Assise. Però una cosa è assolutamente certa:
se la Corte assolverà dal dolo gli otto imputati, Solvay procederà senza esitazioni contro il PM
usando la carta assoluzione come grimaldello nella denuncia.
Gli obbiettivi di prospettiva diventerebbero allora più ambiziosi e concreti. Il polverone sollevato al Consiglio superiore della Magistratura servirebbe per altri due scopi. Uno, nel ricorso in Appello: il boato della denuncia, proprio perché al limite del ridicolo, sarebbe talmente clamoroso da fuorviare tutto il dibattimento e trascinarlo per il largo e il lungo (prescrizione).
L’altro obbiettivo guarda al filone processuale che si sta per aprire per le morti e le malattie provocate dall’inquinamento soprattutto atmosferico. Questo secondo processoper Solvay è ancora più pericoloso dell’attualeperché essa non può neppure attuare lo scaricabarile su Ausimont. Dunque le diventerebbe essenziale, tramite la denuncia, fare della Procura di Alessandria “l’anatra zoppa” (l’Accusa sotto accusa!!), sostituire il PM, o chiedere addirittura lo spostamento del processo in altra sede (tentativo fallito in precedenza).
Questa manovra contro il PM Riccardo Ghio (ignobile sul piano personale, tipica di chi passerebbe sul cadavere della madre) è stata scelta per regia di Giorgio Carimati nell’impossibilità di agire direttamente sulla Corte di Assise. Noi abbiamo spesso criticato la Presidente Sandra Casacci perché agli avvocati difensori è stato concesso di fare e dire qualunque cosa. Alla luce degli avvenimenti, ora dobbiamo ammettere che la pazienza è così riuscita a non offrire il benchè minimo pretesto di killeraggio processuale.
A Chieti il presidente della Corte d’assise Geremia Spiniello è stato ricusato da Montedison semplicemente per aver dichiarato in una intervista l’ovvio impegno di rendere giustizia al territorio e sostituito da Camillo Romandini. Le accuse di alcuni giurati per pressioni indebite da parte del subentrato presidente sono al vaglio del Consiglio superiore della Magistratura [vedi riquadro].
Ad Alessandria, nel 2008, all’impostazione del processo (differente da Chieti), termini e capi di imputazione compresi, Riccardo Ghio aveva lavorato sotto la guida del Procuratore generale Michele Di Lecce trasferitosi a Genova nel 2012 e sostituito da Mario D’Onofrio. A quel tempo Solvay non se l’era sentita di attaccare Di Lecce, mentre ora evidentemente reputa che Ghio sia isolato.
In conclusione, la denuncia della Solvay di Spinetta al Consiglio superiore della Magistratura è una bolla, anzi una balla. Si reggerebbe solo se riuscisse a dimostrare l’esistenza delle tangenti che, afferma Solvay, sarebbero state pagate (collusione e concussione) da Ausimont agli Enti locali (e non solo) per renderli complici nel nascondere gli inquinamenti. Solvay dovrebbe portare le prove delle mazzette, che nella contabilità aziendale non possono sfuggire. Se le ha e non le tira fuori è perché rischierebbe di scoprire i propri altarini. Senza questa prova regina, il teorema di Santamaria è ridicolo, un bluff, un polverone, una messa in scena cinica. L’aveva già enunciato per sei ore nell’udienza del 17 novembre 2014.
!!!!!!!!!!Santamaria, senza prove sei solo un killer prezzolato!!!!!!!

Solvay è innocente: vittima di un intrigo internazionale ordito dai poteri forti della chimica, dei supermercati e della politica, per impedirle di denunciare i veri colpevoli della catastrofe ambientale di Spinetta Marengo, e per impedirle di bonificare l’altrui avvelenamento doloso delle falde acquifere. Regista finale del complotto: il pubblico ministero. Svelato il giallo in Corte di Assise di Alessandria: tutti i nomi dei congiurati. Ombra della massoneria.
UDIENZA DEL 17 NOVEMBRE 2014
“Va bene a tutti, anche all’amico Balza”: l’avvocato Luca Santamaria conclude l’arringa difensiva in Corte di Assise di Alessandria. L’ironia storpiante su “amico” è scontata: ormai è un ritornello additare Lino Balza come “nemico”, numero due, distaccato di parecchie lunghezze dal nemico numero uno di Solvay, il pubblico ministero Riccardo Ghio. Invece, è assai nebulosa la conclusione del romanzo giallo raccontato per sei ore dall’illustre legale, cioè l’intrigo internazionale “dei poteri forti” che si materializzerebbe nell’assassinio di Solvay ad opera di un folto gruppo di congiurati. I quali sarebbero in ordine di presentazione: Ausimont, Pubblico ministero, Arpa, carabinieri Noe, Comune, Provincia, Regione, giunte di sinistra e di destra, amministratori e funzionari, Montedison, Edison, Eridania, Coopsette, Esselunga, associazioni ambientaliste ad eccezione di Medicina democratica (bontà sua). Non cita i sindacati. Dimentica il GUP Stefano Moltrasio. Dice Santamaria: “Va bene a tutti” l’assassinio finalmente ordito, cioè l’incriminazione di Solvay per avvelenamento doloso e dolosa omessa bonifica, art. 439 c.p.p, “va bene a tutti” i suddetti congiurati, e anche all’ “amico” Balza che, pur non avendo compreso il complotto, è contento lo stesso perché costituzionalmente nemico giurato di Solvay.
Santamaria avvince come giallista ma non convince né come giallista né come difensore di Giorgio Carimati. Avvince, che è un piacere ascoltarlo due tre ore, quando scava nella dietrologia, quando dissemina indizi inquietanti su ciascuno dei congiurati, ma poi quando dopo sei ore il mosaico dovrebbe comporsi ti rendi conto che le tessere sono forzatamente assiemate, come avviene per i giallisti neofiti. L’ultimo capitolo rende oscura la trama. Nessun giallo regge se non regge il movente. Non convince il garbuglio. D’altronde è la prima volta che Santamaria si esercita in questa nuova veste di romanziere. Per il resto è senza dubbio il leader dell’esorbitante staff difensivo della multinazionale chimica, è preparatissimo, analitico fino alla pignoleria, conosce a memoria tutti i risvolti processuali, segue e indirizza Solvay ancora prima del processo come è evidente nelle intercettazioni telefoniche, è attento e ascoltato consigliere di Carimati nel bene e nel male, non è solo un impareggiabile giurista ma anche uno sgobbone che sacrifica per la causa le ore di sonno. In questa udienza si è presentato un po’ stanco, con la barba lunga, a tratti emozionato probabilmente per una qualche presenza di riguardo, ma pur sempre un leone indomito. Però come giallista…
Quando arrivi alla fine di un giallo e ti rendi conto che non sei in grado di riassumere la trama: resti deluso. Può essere colpa tua perché il genere letterario non ti è confacente? Perché non possiedi neppure le veline giornalistiche che potrebbero aiutarti come prefazione del romanzo? A questo punto vai a comprare i giornali. Trascriviamo quello che hanno capito loro del complotto internazionale: “Metà dell’area ex zuccherificio di Spinetta Marengo, vicina allo stabilimento, fu ceduta a Esselunga per fare un supermercato, ma i ‘signorotti locali (i politici n.d.r.) sostenitori di CoopSette insorsero’ fino a che si decise di destinare l’altra metà a Coop7: un perfetto inciucio in barba al Piano regolatore comunale. Sembravano ‘tutti felici e contenti, ma Solvay va a rompere le scatole’ perché, continua Santa Maria, insiste per la messa in sicurezza di emergenza della propria area, dopo aver scoperto che le perdite dalla fabbrica con relativo inquinamento sono più cospicue di quelle che le aveva dato a bere Ausimont(la venditrice n.d.r.) propinandole la bischerata di un piano di caratterizzazione falso. Basato su documenti falsi alle Autorità compiacenti. Ma se Solvay scopre gli altarini, viene fuori che anche l’ex zuccherificio è inquinato è salta l’inciucio supermercato”. Fine della trascrizione.
Dunque c’era il rischio che l’integerrima Solvay facesse partire denunce penali contro Ausimont e soprattutto le Autorità colluse e corrotte. Allora ci chiediamo: perché in 7 anni Solvay non ha fatto denunce? perché parla di tangenti dell’Ausimont ai politici, senza produrre prove? non è che andando con gli zoppi si continua a zoppicare? Invece, nel racconto di Santamaria, Solvay stava rompendo (sic) la continuità mafiosa vigente ad Alessandria (con quanta discrezione! al punto di passare inosservata n.d.r.). Il vento di Bussi (?) terrorizzò i congiurati - siamo all’escalation della suspense del giallista - la paura corre sul filo, il gioco del cerino acceso (sic) brucia Comune e Arpa, si salvi chi può. E’ la quadratura del cerchio: esclama ispirato Santamaria. Noi invece comprendiamo sempre meno il garbuglio del giallo, i collegamenti logici e fattuali, che c’azzecca lo zucchero col cromo esavalente, la lobby dei super mercati con la lobby della chimica? Ma è proprio a quel punto che scatta il coup de théâtre del romanzo. A quel punto (2008) entra in scena il complice Riccardo Ghio. Il Pubblico Ministero che, senza prove, bluffando, anzi falsificando le carte, individua come facile capro espiatorio (sic) l’innocente Solvay e la incrimina per sviare l’attenzione politica e mediatica e penale dall’ex zuccherificio, sotto il quale si cela il corpo del reato, cioè la discarica abusiva su cui il complice PM non vuole proprio indagare: evidentemente contiene cromo e clorurati inquinanti la falda (che fantasia! se si pensa che lavoravano barbabietole per produrre zucchero!). Santamaria definisce il fraudolento intervento di Ghio come “una vera e propria operazione di distrazione di massa” volta a non scoperchiare il vaso di Pandora (sic) dell’ex zuccherificio e a salvare il culo ai politici, gli stessi che impedivano (sic) a Solvay di bonificare l’inquinamento, a questo punto non di origine chimica ma zuccheriera. “Il PM inscena una realtà finta e marcia, una menzogna organizzata da alte stanze del potere alessandrino, colluso da decenni con Montedison-Ausimont. Loro sono i veri colpevoli dell’avvelenamento e non Solvay. Perciò chiedo l’assoluzione con formula piena di Solvay e in particolare di Giorgio Carimati che dal 2003 al 2008 non poteva certo passare i sabati e le domeniche negli scantinati degli archivi segreti”. Fine del romanzo giallo.


La sentenza della Corte d’Assise di Chieti, che ha mandato in parte assolti (per avvelenamento delle acque) e in parte prescritti (per disastro ambientale) 19 dirigenti e tecnici della Montedison, imputati per il mortifero inquinamento causato dalle discariche di Bussi sul Tirino (Pescara), è fortemente sospetta di pressioni indebite del Presidente della Corte su alcuni membri della Giuria. Alcune giurate hanno infatti affermato di essersi sentite dire dal Presidente che “se avessero condannato per dolo, e se poi gli imputati si fossero appellati e avessero vinto la causa, avrebbero potuto citarci personalmente, chiedendoci i danni, e avremmo rischiato di perdere tutto quello che abbiamo, negozio e casa compresi”. Affermazione in sé falsa perché la legge prevede la responsabilità dei giudici soltanto “in caso di dolo oppure di negligenza inescusabile per travisamento del fatto o delle prove”. Fatti e prove ben documentati dai PM, dall’Istituto superiore della sanità, dall’Avvocatura dello Stato. Però quella minacciosa prospettazione della loro rovina economica era volta a derubricare il disastro da reato doloso a reato colposo, punito con pene inferiori e soprattutto con prescrizione più breve e già scattata. No dolo: ritornello peraltro reiteratamente ripetuto fra un’udienza e l’altra ai sei giudici popolari. Così fu la genesi della sentenza composta in Camera di consiglio di una pizzeria. Ora, sulla correttezza della condotta dei due giudici togati di Chieti si pronuncerà anche il Consiglio superiore della magistratura, anche annullando il verdetto.


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